Dott. Andrea Camera, Dott. Gabriele Cattaneo, Dott. Riccardo Tedino.
Obiettivi
Lo scopo di questo studio è stato investigare, attraverso risultati clinici e radiografici, l’utilizzo del tantalio trabecular metal nelle protesi di ginocchio primarie non cementate per una fissazione meccanico-biologica del piatto tibiale.
Materiali e Metodi
Abbiamo effettuato 51 protesi totali di ginocchio tra l’ 08/03/2007 e il 22/10/2009 con il sistema Nexgen Lps (ZimmerÒ) utilizzando il piatto tibiale non cementato in tantalio. L’età media è stata di 63 anni (max 78 – min 35 ), il follow-up medio è stato di 6 mesi (max 2,5 anni – min 2 mesi). Valutazioni cliniche pre e post-operatorie sono state raccolte utilizzando la telemetria degli artri inferiori , le radiografie in massima flessione e massima estensione. La valutazione dei risultatio clinici è stata effettuata con il punteggio di Tegner – Lysholm.
Risultati
Abbiamo osservato un ottimo risultato funzionale nel 95% dei pazienti cosi come una buona integrazione dell’osso in 3 mesi dei “pegs” sul piatto tibiale, come mostrato nei radiogrammi di controllo. Nessuna mobilizzazione asettica al follow-up è stata documentata, nessuna mobilizzazione precoce si è verificata nel nostro studio. Abbiamo avuto un paziente con infezione tardiva dell’impianto.
Conclusioni
I risultati clinici e radiografici e la soddisfazione dei pazienti ci suggerisce che la strada da seguire è l’utilizzo del piatto in tantalio nelle protesi di ginocchio non cementate specialmente nei pazienti sotto i 60 anni di età.
La protesi articolare totale è, al giorno d’oggi, la via finale nella cura della patologia degenerativa dell’anca e del ginocchio. Soprattutto per quest’ultimo, grazie allo sviluppo di nuovi materiali e di tecniche chirurgiche sempre più standardizzate, la TKA è diventata un intervento di routine. Si calcola che solo in Italia si effettuano circa 19.000 impianti , con numeri ancora in crescita, grazie alla possibilità di assicurare , anche a soggetti giovani e attivi, una durata sempre maggiore nel tempo dell’impianto stesso.
E’ proprio in questo contesto che si verifica la necessità di utilizzare materiali protesici sempre più affidabili e che possano garantire, grazie ad una integrazione biologica a livello dell’osso ospite , maggiori garanzie in termini di durata e di affidabilità, riducendo i rischi di mobilizzazione asettica e di malattia da detriti (debris).
La poca letteratura fornisce inoltre risultati incoraggianti : Berger et al.[i] riportano 100% di sopravvivenza a 15 anni con l’utilizzo del sistema Zimmer Miller Galante (Zimmer , Warsaw, Ind), Keating et al.2 il 98,9% a 15 anni (Biomet,Warsaw Ind), del 94,15% a 16 anni secondo le casistiche di Fon-Rodriguez et con il sistema Total Condylar TKA (De Puy Orthopaedics , Warsaw, Ind ).3
Tutti questi autori sono concordi nel ritenere che il gold standard sia l’utilizzo di protesi cementate, soprattutto per quanto riguarda la componente femorale. Quello che viene discusso in tali studi è che l’utilizzo del polimetilmetacrilato, oltre a garantire una maggior sopravvivenza dell’ impianto stesso e una maggiore facilità nell’eventuale revisione, possa essere considerato come procedura “cost savings” in termini di riduzione di sacche di sangue infuse per un effetto tamponante del cemento stesso durante l’emostasi.
Inoltre, dal punto di vista biomeccanico, il femore distale è sottoposto a carichi in compressione che quasi mai influiscono, se le componenti sono in buona posizione, a stress in torsione a cui può essere sottoposta viceversa la componente tibiale.
Inoltre, come è noto, il successo di una fissazione non cementata è direttamente correlata con la stabilità dell’impianto, in quanto micromovimenti superiori ai 150 mm promuovono solo una integrazione di tipo fibroso 4,5.
La maggior parte degli autori, inoltre, sono concordi nel dire che l’anello debole della protesi di ginocchio sembri essere la fissazione del piatto tibiale. Numerosi studi clinici e radiografici, hanno dimostrato la superiorità della fissazione tibiale con cemento rispetto a quella non cementata .6, 7, 8, 9
Tuttavia, diversi studi pubblicati (Watanabe et al.10, Schroder et al11) rispettivamente su 76 e su 114 TKA non cementate, Osteonics series 3000 CR (Striker Howmedica) nel primo caso e ACG 2000 Porous coated ( Biomet ) nel secondo, hanno prodotto risultati a medio lungo termine buoni , con tassi di sopravvivenza a 10-13 anni tra il 96-97%, considerando come end point la revisione.
Questo sembrava essere determinato principalmente da una accurata tecnica chirurgica, soprattutto nel posizionamento delle componenti e da una migliore selezione del paziente, escludendo da tali studi pazienti con scarsa qualità dell’osso e di età superiore a 75 anni.
Sulla base di questi e altri studi, che rivelavano una reale speranza in relazione all’utilizzo di protesi non cementate per la fissazione tibiale, l’industria ha sviluppato una ricerca sui materiali in grado di assolvere a tale compito.
Il materiale che meglio si adatta è, secondo la nostra esperienza, il Trabecular Metal: tale composto, realizzato a partire dal Tantalio, metallo esistente in natura , ha mostrato elevatissima biocompatibilità e ottime capacità osteoinduttive e osteoconduttive per la sua elevata porosità (60-70% poroso). Figura 1.
Inoltre tale materiale, forgiato con particolari design per l’utilizzo nelle protesi di ginocchio, è in grado di mantenere l’ elasticità simile all’osso circostante che riduce al massimo il fenomeno dello stress shielding, attuando una più fisiologica distribuzione dei carichi.
Inoltre la particolare tecnica di fabbricazione del piatto in tantalio (monoblocco), con il polietilene stampato direttamente sul metallo, è in grado di minimizzare l’attrito che si verifica all’interfaccia p.e – metal back (back side wear). Figura 2
L’applicazione all’interno della tibia, dopo opportuna preparazione avviene a press fit, la stabilità primaria antirotazionale è fornita dalla particolare manifattura tridimensionale dei “peg” al di sotto della componente tibiale Figura 3
Le applicazioni in chirurgia ricostruttiva dell’anca a livello acetabolare sono ben noti e gli studi preliminari sono incoraggianti 12.
Materiali e Metodi
Nel periodo tra marzo 2007 e ottobre 2009 presso U.O. di Chirurgia Protesica dell’Ospedale S. Corona – Pietra Ligure (SV) sono stati eseguiti 51 interventi di TKA con il sistema Nexgen LPS (ZimmerÒ) utilizzando per la fissazione tibiale il piatto tibiale non cementato in tantalio (Uncemeted Tantalum Tibial Plateau ).
In tutti i casi il polietilene del piatto era PS.
L’età media dei pazienti era di 63 anni (min 35 anni – max 78 anni) , la distribuzione per sesso è stata 29 pazienti donne e 22 pazienti maschi.
La diagnosi preoperatoria è stata gonartrosi tricompartimentale in 42 pazienti , gonartrosi post traumatica in 5 pazienti , necrosi del condilo femorale mediale in 2 pazienti, ginocchio valgo artrosico 2 pazienti.
Gli impianti femorali impiantati sono stati 47 femori normali, 2 femori High Flex e 2 Gender.
In nessuno dei casi è stata protesizzata la rotula.
In tutti i casi è stata utilizzata la via d’accesso pararotulea mediale.
In tutti i casi è stata eseguita una valutazione radiografica pre-operatoria utilizzando telemetria dell’arto inferiore sottocarico in appoggio monopodalico e una proiezione in massima flessione e massima estensione.
Nell’ 80% dei casi sono state eseguite valutazioni cliniche pre -operatorie utilizzando Tegner -Lysholm Knee score. Nell’ 80% dei casi i punteggi risultavano inferiori a 65 nei restanti casi tra 65 e 71.
I punteggi più bassi sono stati ottenuti sopratutto nelle donne con età superiore a 60 anni e con ginocchio valgo (40-50 di Tegner score).
Nel 30 % dei casi erano presenti deviazioni assiali in varo di circa 15 ° e nel 15 % dei casi in valgo non eccedenti i 10 °.
Nel 60% dei casi abbiamo riscontrato deficit di estensione, documentata dall’esame clinico e sulla base della radiografia in massima flessione non eccedente i 7 °. Nel 5 % dei casi abbiamo riscontrato un deficit di estensione tra i 7 e i 15 ° gradi.
Sono stati esclusi dallo studio pazienti di età superiore a 80 anni con diagnosi di artrosi secondaria ad artrite reumatoide (o in terapia cronica con alte dosi di cortisone da più di 5 anni) e pazienti con gravi deviazioni assiali ( > 20° di varo e di 15 ° di valgo).
Nel 15 % dei casi abbiamo riscontrato deviazioni dell’angolo Q di circa 4-5 ° dal valore normale. (Nella donna 22° a ginocchio esteso e 9 ° a ginocchio flesso a 90 °, nell’uomo 18 ° gradi a ginocchio esteso e 8 ° gradi a ginocchio flesso a 90 ° ). In questi pazienti è stata eseguita una radiografia a ginocchio flesso a 30°- 60°- 90° per la valutazione del tilt rotuleo.
Conclusioni
Tutti i pazienti sono stati dimessi in 4° giornata e avviati alla riabilitazione post-operatoria per un periodo variabile dai 16 ai 25 gg.
In prima giornata tutti i pazienti hanno eseguito fkt passiva con kinetec 0-60° .
Il carico è stato concesso in seconda giornata, dopo la rimozione dei drenaggi , al 50% con due stampelle. A 40 giorni il carico è completo senza bastoni.
Nel 20 % dei pazienti si è deciso di mantenere un bastone dal lato non operato per 2 settimane, dopo il primo controllo a 40 giorni, per dolore a livello della metafisi prossimale della tibia peraltro risoltosi ai successivi controlli.
Non sono state rilevate complicanze post operatorie, salvo in un caso in cui si è riscontrata, dopo 21 gg dall’intervento, un episodio di trombosi venosa all’arto operato che si è risolta con la terapia medica.
Nessuna revisione precoce è stata riscontrata nella nostra casistica e non sussistono , al follow up attuale , ” pending revisions” per mobilizzazione asettica.
Un caso di infezione dell’impianto, dopo sei mesi è tutt’ora in fase di studio.
Il follow up massimo è di 2 anni e mezzo, quello minimo è di 2 mesi.
Al follow up a due anni si sono presentati al controllo clinico l’ l’80% dei pazienti, i restanti sono stati raggiunti telefonicamente.
Alla visita ai 2 anni , la maggior parte dei pazienti presentava un alto grado di soddisfazione soggettiva con un ginocchio praticamente fisiologico.
Nel 95 % dei pazienti controllati al follow up è stato possibile eseguire la valutazione mediante Tegner score che ha rivelato punteggi superiori a 75 in tutti i pazienti valutati clinicamente.
I casi di dolorabilità post operatoria al livello tibiale sono stati riscontrati in pazienti tra i 65 e i 75 anni, in genere donne, in cui, la qualità dell’osso non era probabilmente in grado di fornire un ottimale supporto biologico per l’integrazione.
Tuttavia, a conforto del buon funzionamento bio – meccanico dell’impianto, nei controlli successivi a tre mesi, si è riscontrata una integrazione radiologica dei “peg” in tantalio, con una risoluzione completa della sintomatologia dolorosa.
Questi pazienti, sono stai controllati con follow -up clinici – radiografici più serrati.
La protesi totale di ginocchio non cementata con componente tibiale in tantalio , pertanto, dovrebbe essere evitata a nostro avviso in quei pazienti in cui la qualità dell’osso non è in grado di assicurare una buona integrazione .
Non si sono riscontrate mobilizzazioni nè problematiche cliniche inerenti alla componente femorale.
Secondo la nostra casistica i risultati migliori si sono ottenuti in pazienti maschi al di sotto dei 60 anni, femmine al di sotto dei 55 con buona qualità dell’osso .
Il grado di deviazione assiale e la gravità del quadro clinico sembrano, entro i limiti sopracitati , non influire sull’outcome clinico-radiologico a due anni.
Poichè l’età media dei pazienti che si sottopongono a protesi totale di ginocchio è diminuita e le richieste funzionali sono aumentate, supportati dai risultati ottenuti nella nostra casistica, crediamo che la via da perseguire per i pazienti al di sotto dei 60 anni, con buona qualità dell’osso e con elevate richieste funzionali sia l’utilizzo del piatto tibiale monoblocco in tantalio.
Bibliografia
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1 Berger RA, Rosenberg AG, Barden RM, et al. Long-term follow-up of the Miller-Galante total knee replacement. Clin Orthop Relat Res 2001;388:58.
2 Keating EM, Meding JB, Faris PM, et al. Long-term followup of nonmodular total knee replacements. Clin Orthop Relat Res 2002;404:34.
3 Font-Rodriguez DE, Scuderi GR, Insall JN. Survivorship of cemented total knee arthroplasty. Clin Orthop Relat Res 1997;345:79
4 BurkeDW, O'Connor DO, Zalensky EB, Jasty M, Harris WH. Micromotion of emented and Uncemented Femoral Components J Bone Joint Surgery Br 1991; 73 : 33-7.
5 Hoffman AA et al. Ten - to 14 - year follow up of the Cementless Natural knee system. Clin Orthop Relat Res 2001;(388): 85-94.
6, Bassett RW. Results of 1,000 Performance knees: cementless versus cemented fixation. J Arthroplasty 1998;13:409.
7 Forsythe ME, Englund RE, Leighton RK. Unicondylar knee arthroplasty: a cementless perspective. Can JSurg 2000;43:417.
8 Collins DN, Heim SA, Nelson CL, et al. Porous-coated anatomic total knee arthroplasty. A prospective analysis comparing cemented and cementless fixation. Clin Orthop Relat Res 1991;267:128.
9 McCaskie AW, Deehan DJ, Green TP, et al. Randomized, prospective study comparing cemented and cementless total knee arthroplasty: results of a pressfit condylar total knee replacement at 5 years. J BoneJoint Surg Br 1998;80:971.
10 Watanabe H, Akizuki S, Takizawa T. Survival analysis of a cementless, cruciate-retaining total knee arthroplasty. Clinical and radiographic assessment 10 to 13 years after surgery. J Bone Joint Surg Br 2004;86:824
11 Schroder HM, Berthelsen A, Hassani G, et al. Cementless porous-coated total knee arthroplasty:10-year results in a consecutive series. J Arthroplasty 2001;16:559
12 Bobyn JD, Poggie RA, Krygier JJ, et al. Clinical validation of a structural porous tantalum biomaterial for adult reconstruction. J Bone Joint Surg Am 2004;86-A(Suppl 2):123.